Come si definisce la destinazione d’uso?
Per capire meglio l’utilità e l’importanza del cambio di destinazione d’uso, è necessario capire cosa viene inteso per destinazione urbanistica di un edificio. Si tratta della funzione che il nostro ordinamento riconosce all’immobile in base alle sue caratteristiche architettoniche e strutturali.
La destinazione d’uso di un immobile è quindi la funzione (o le funzioni) che l’immobile ha (ad esempio la destinazione d’uso commerciale oppure residenziale). La modifica dei fini di utilizzo di una o più unità immobiliari (ad esempio, da abitazione a negozio) viene chiamata, nel linguaggio catastale, “cambio di destinazione d’uso”, e si compie quando un immobile deve essere adibito per un uso diverso da quello passato.
Chi rilascia il cambio di destinazione d’uso?
Gli interlocutori per il cambio di destinazione d’uso sono il Comune di competenza e il Catasto.
La pratica del cambio di destinazione d’uso urbanistica, che modifica la funzione o lo scopo di un edificio è legata ad un iter preciso, che comprende la richiesta dell’autorizzazione comunale (dal punto di vista urbanistico) e l’aggiornamento catastale.
Destinazione d’uso e categoria catastale: differenze
Categorie catastali e destinazione d’uso: le destinazioni d’uso degli immobili non vanno confuse con le categorie catastali, o sarebbe meglio dire classi catastali, che hanno un’altra funzione (di classificazione catastale e di attribuzione di una rendita). La categoria catastale serve quindi a ricavare la rendita di un immobile, e quindi il suo valore fiscale, quindi non riguarda aspetti urbanistici o la funzione di utilizzo degli spazi. Esistono delle tabelle di correlazione tra categorie catastali e destinazioni d’uso, da consultare per chiarire ogni dubbio.
Come si classificano i fabbricati in base alla destinazione d’uso: i riferimenti legali
Il riferimento legale per questa pratica è il DPR n.380/2001 (Testo Unico Edilizia), in particolare l’articolo 23-ter, che parla del mutamento d’uso urbanisticamente rilevante, che, citato letteralmente, illustra in questo modo le varie casistiche:
“Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unita’ immobiliare diversa da quella originaria, ancorche’ non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unita’ immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate:
a) residenziale;
a-bis) turistico-ricettiva;
b) produttiva e direzionale;
c) commerciale;
d) rurale.”
Cosa bisogna fare per cambiare la destinazione d’uso di un immobile?
Nel caso dovessimo cambiare destinazione d’uso a un nostro immobile, è bene procedere con cautela, verificando se è possibile proseguire con la modifica e informandosi su quanto sarà necessario pagare. Chi non è a suo agio con la burocrazia potrebbe fare fatica ad orientarsi tra termini tecnici e procedure relative al cambio di destinazione d’uso.
Innanzitutto, quando si desidera cambiare destinazione d’uso di un immobile, bisogna prima informarsi su come fare la pratica urbanistica: serve sapere cosa occorre cambiare a livello urbanistico e quali permessi vanno richiesti, per costruire, al Comune in cui l’immobile si trova.
Dopo, segue la fase del cambio destinazione d’uso vero e proprio: al Catasto viene fatto l’aggiornamento della documentazione fiscale. Si fa quindi una variazione catastale che modifica i valori. Non sempre, la richiesta di cambio è legata a lavori edilizi, ma in questo caso si parla di cambio di destinazione d’uso con opere ed è quindi necessario chiedere i permessi urbanistici al Comune prima di compiere i lavori.
L’autorizzazione al Comune serve solo nel caso si passi ad una categoria funzionale diversa (da destinazione d’uso commerciale a residenziale e viceversa). In questo caso, il cambio di destinazione d’uso viene considerato “urbanisticamente rilevante”. Ciò è necessario anche nel caso non ci siano opere edilizie in programma.
Nei casi in cui la categoria funzionale non cambi (ad esempio il caso in cui si rimane nella destinazione d’uso commerciale), l’autorizzazione rilasciata dal Comune di competenza non è necessaria, e basta rivolgersi direttamente al Catasto per modificare la disposizione, forma e dimensione dei locali.
In realtà, il caso più frequente è quello in cui, oltre al cambio di destinazione d’uso, c’è un cambio di categoria funzionale. Questa procedura può essere fatta solo rispettando le normative vigenti: quando ciò non avviene, l’intervento viene considerato dalla legge come abuso edilizio, ed è soggetto a multe salate. Nei prossimi paragrafi verranno illustrate meglio le differenze e cosa è necessario fare nei vari casi.
Tipi di cambio di destinazione d’uso urbanistica
Il cambio di destinazione d’uso non è per forza legato allo svolgimento di opere edilizie, quindi esistono cambi con o senza svolgimento di opere. Inoltre, si distinguono inoltre cambi di destinazione d’uso urbanisticamente rilevanti (esempio: dalla residenziale alla destinazione d’uso commerciale) o non rilevanti (da residenziale a residenziale).
In questo secondo caso, il cambio è, tendenzialmente, sempre possibile ed è necessaria una SCIA.
Invece, nel caso di un passaggio di categoria, è necessario procedere col Permesso di Costruire.
Ricapitolando, abbiamo due tipi di cambi:
All’interno della stessa categoria funzionale: ad esempio da albergo a RTA (residenza turistico-alberghiera). In questo caso, si tratta di un cambio di destinazione d’uso urbanisticamente non rilevante ed è un caso tendenzialmente sempre permesso, perché non va in contrasto con ciò che gli strumenti urbanistici comunali potrebbero indicare.
Con cambio di categoria funzionale: n questo caso si parla di cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, ed è un caso che deve rispondere ad alcune norme, tra cui quelle igienico sanitarie, o le eventuali restrizioni dettate dai piani urbanistici.
Dobbiamo poi confrontarci con i concetti di “rilevante” e “non rilevante” perché legati al concetto di carico urbanistico. Ogni territorio è diviso in zone territoriali omogenee (ZTO), ed ognuna di esse ha un carico urbanistico, ovvero i servizi e le infrastrutture messe a disposizione di chi vive in quella zona. Se una zona diventa residenziale, ad esempio, il “carico urbanistico” aumenta.
Sia un cambiamento urbanisticamente rilevante, che uno urbanisticamente non rilevante, può essere un cambio di destinazione d’uso con o senza opere. Ognuno di questi interventi richiede tipi diversi di titoli abilitativi e regimi amministrativi. Per essere sicuri di aver valutato correttamente il proprio caso, è meglio avere una conferma dall’Ufficio tecnico del Comune.
Cambio destinazione d’uso urbanistica e titoli abilitativi
L’autorizzazione urbanistica è necessaria solo nel caso ci sia il passaggio ad un’altra categoria funzionale. Se il cambio di destinazione è interno alla stessa categoria funzionale, non serve nessun titolo autorizzativo, a meno che la legge regionale non dica il contrario.
Il caso in cui non è necessario eseguire lavori è molto raro. La prima cosa da capire è se le opere siano o meno necessarie. Nel caso non lo fossero, basta andare allo Sportello Unico per l’edilizia del Comune di riferimento e presentare una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA), facendola asseverare da un tecnico abilitato, in modo da poter fare la modifica.
Quando invece sono necessari dei lavori, bisogna chiedere al Comune di competenza il Permesso di Costruire. Senza questo permesso, non si può procedere con le opere. Il permesso è subordinato all’attestazione della congruità del piano di lavori ipotizzato con gli strumenti urbanistici in vigore e all’esecuzione dei controlli necessari.
Sul titolo abilitativo necessario non c’è unanimità di vedute, ed è quindi il caso di informarsi presso il Comune di competenza per evitare malintesi.
Quando è possibile il cambio di destinazione d’uso?
Per passare da una categoria all’altra devono esserci alcuni requisiti, che la normativa prevede e indica, ed è necessario portare a termine il cambio di destinazione d’uso di un immobile.
Le fasi necessarie, ad esempio, per trasformare un magazzino in un’abitazione sono:
Verifica che l’immobile sia compatibile con i requisiti richiesti per la categoria d’arrivo.
Una modifica prevista dal Piano Urbanistico Regionale.
Entro 15 giorni dal termine dei lavori, una Segnalazione Certificata di Agibilità.
Cambio di destinazione d’uso di un immobile: possibili intoppi
Il cambio di destinazione d’uso di un immobile non è sempre fattibile, ed è quindi un bene informarsi sui due requisiti principali:
Che i regolamenti urbanistici lo consentano.
Che gli ambienti dell’immobile siano idonei ad ospitare la nuova funzione.
Molte problematiche riguardano i cambi di destinazione rilevanti. Frequentemente, un ambiente non è adeguato ad ospitare la nuova funzione, ad esempio per motivi igienico-sanitari, o perché i RAI (Rapporti Aero-Illuminanti) non giocano a suo favore, o per questioni relative alle normative comunali.
Un altro problema che si verifica spesso è che il Piano Urbanistico del Comune non preveda quella funzione in quella zona, e che quindi sia impossibile procedere col cambio di destinazione d’uso dell’immobile. Se poi l’unità immobiliare si trova in un ambito condominiale, un altro ostacolo al cambio di destinazione d’uso potrebbe essere un regolamento condominiale.
Cosa comporta il cambio di destinazione d’uso di un immobile? Alcuni esempi concreti
Non è sempre possibile cambiare destinazione d’uso, perché alcuni immobili non sono compatibili ad alcune funzioni. Ad esempio, chi vuole cambiare la destinazione d’uso dei locali interrati deve fare i conti con rigide restrizioni.
La D.Lgs. 81/08, all’articolo 65 dice che:
È vietato destinare al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei;
In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, possono essere destinati al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei quando ricorrano particolari esigenze tecniche. In tali casi il datore di lavoro provvede ad assicurare idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima.
Facciamo un esempio concreto: un deposito viene trasformato in abitazione. Siamo nell’abito del cambio di destinazione urbanisticamente rilevante e sono richieste diverse opere per rendere l’ex deposito adatto al nuovo ruolo.
Ad esempio, sono previste:
L’installazione di impianti di climatizzazione.
La trasformazione dell’impianto elettrico in un impianto residenziale.
L’inserimento (o l’adeguamento) dei servizi igienici.
Verranno quindi aperte nuove utenze. La climatizzazione potrà essere pensata tramite pompe di calore o con un semplice impianto di riscaldamento composto da termosifoni e caldaia a condensazione o sistema radiante a pavimento.
Ci sono poi delle questioni legate al comfort visivo, termoigrometrico e acustico, che potrebbe richiedere altri interventi, legati ai RAI (Rapporti Aero-Illuminanti), alla rimozione dei ponti termici, e all’isolamento dei solai. Potrebbe essere necessario cambiare gli infissi: se presente una copertura shed (frequente nei depositi), a volte si sceglie di mettere finestre da tetto, con apertura a vasistas, che mantengono le atmosfere post-industriali.
Si passa poi al nuovo progetto degli spazi, che di solito prevede la trasformazione dell’open space in ambienti compartimentati, tramite pareti prefabbricate, e soppalchi. Infine, si pensa al ri-progetto delle finiture e dell’illuminazione.
Chi decide la destinazione d’uso di un immobile?
Sono le attività che vengono svolte, o di cui si prevede lo svolgimento, in un immobile che determinano la corretta destinazione d’uso e che quindi indicano se è necessario cambiare destinazione.
Ad esempio, se si desidera usare come abitazione un immobile che prima era utilizzato come ufficio, questa pratica sarà necessaria.
La pratica ha due step:
Il primo prevede una modifica urbanistica.
Il secondo prevede una modifica catastale.
C’è un iter burocratico che è meglio affidare ad un esperto.
Cosa succede se non cambio destinazione d’uso?
Ogni violazione delle normative previste viene punita con gravose sanzioni amministrative e pecuniarie. Vediamo come procedere in modo responsabile e sicuro.
Come si fa a sapere la destinazione d’uso di un immobile?
Le destinazioni d’uso sono legate al luogo dove l’edificio si trova, perché dipendono dal Piano Regolatore Generale. Per orientarci sulle destinazioni d’uso, proviamo ad esaminare alcuni esempi:
Residenziale: uso abitativo (abitazioni, affittacamere, studi professionali).
Industriale: produttiva e direzionale (botteghe di artigianato, laboratori, industrie, imprese edili, produzione di bene o servizi, trasformazione di materie prime, anche con piccoli spazi di vendita di prodotti).
Commerciale: negozi, negozi all’ingrosso, distribuzione (piccola e grande), somministrazione di cibi e bevande, bar, mercati, ristoranti.
I luoghi che ospitano una funzione lavorativa e professionale hanno la funzione produttiva/direzionale (banche, aziende, studi professionali, laboratori) o commerciale (negozi, piccola e grande distribuzione, ristori e bar).
Turistico/ricettiva: ostelli, residence, alberghi, campeggi.
Servizi: centri di ricerca, studi professionali, fiere, uffici privati, banche, assicurazioni, sedi amministrativi di compagnie.
Depositi e commerciale all’ingrosso.
Agricola/Rurale: aziende zootecniche, aziende agricole, aziende florovivaistiche, vivai, colture, produzione di prodotti agrari, abitazioni rurali. I luoghi destinati al settore primario (agricoltura e allevamento) o al turismo agricolo (agriturismi) ricadono nella funzione rurale.
Cosa succede se un immobile ha due funzioni
Ci sono poi casi in cui un edificio viene usato per più funzioni (in modo “promiscuo”): in questo caso, la destinazione deve coincidere con la funzione principale, ovvero con quella che impiega la maggior parte della metratura dell’immobile.
Bisogna chiarire che è necessario che le due funzioni abbiano una relazione: ad esempio se un hotel vende i prodotti, ma la maggior parte della metratura è destinata alla funzione ricettiva, e solo un piccolo spazio è uno store di prodotti, la funzione potrà rimanere rurale e non sarà quindi ricettiva.
Quanto costa cambiare la destinazione d’uso di un immobile?
Non è facile determinare i costi del cambio destinazione d’uso di un immobile, perché influiscono molti fattori. Fare un calcolo del costo di cambio destinazione d’uso, di massima, è possibile sommando:
Il compenso del tecnico che gestisce la pratica amministrativa.
Il costo di architetti, ingegneri o geometri a cui vengono affidate le pratiche urbanistiche.
Il compenso del tecnico che realizzerà il progetto e per quello che dirigerà i lavori (la voce è presente solo nel caso di cambio destinazione d’uso con opere).
Il costo dei lavori edili e delle opere di ristrutturazione utili a rendere l’immobile conforme ai requisiti previsti per la nuova funzione. Ad esempio, l’apertura di nuove finestre o l’installazione di nuovi impianti (la voce è presente solo nel caso di cambio destinazione d’uso con opere).
Spese di segreteria per il rilascio delle autorizzazioni necessarie, costi delle pratiche catastali, oneri di urbanizzazione (variabili da Comune a Comune).
Eventuali ulteriori fattori, che potrebbero essere presenti, in quanto il cambio di categoria può generare delle spese, dovute al cambio di rendita catastale.
Queste voci, sommate, danno il costo di massima della pratica di cambio di destinazione d’uso di un immobile: alcune di queste voci sono fisse, altre (quelle che dipendono dagli oneri dei professionisti e dalle spese dei materiali edilizi), sono variabili.
Quali potrebbero essere, ad esempio, i costi di un cambio destinazione d’uso da agricolo a residenziale? Il professionista potrebbe chiedere dai 300 ai 700 euro, mentre i diritti amministrativi sarebbero tra gli 80 e i 350 euro. Infine, le spese edili costerebbero dai 50 ai 400 euro al metro quadro.
Le pratiche urbanistiche e quelle catastali vanno affidate ad un professionista esperto, che se ne occupi per noi. Gli interventi di cambio destinazione d’uso con opere sono spesso compatibili con richieste di finanziamenti ed agevolazioni, come ad esempio il Superbonus.
Cosa è necessario fare dopo il cambio di destinazione d’uso?
Dopo il cambio di destinazione d’uso di un immobile, potrebbero essere necessari:
L’aggiornamento catastale.
Il deposito del certificato di agibilità presso il comune di competenza.
Il pagamento del contributo di costruzione per la diversa destinazione.
Cambio destinazione d’uso: sanatoria
La sanatoria degli abusi consistenti nel mutamento della destinazione d’uso meramente funzionale può essere assentita solo allorquando, sulla base di elementi obiettivi, sia possibile verificare in concreto l’uso diverso da quello assentito (art.32, comma 1, lett).
Fonte wikicasa.it